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Proprio le cronache di quanto malauguratamente accade nel nostro territorio, e non solo (Haiti, Cile) ripropongono come viva attualità il racconto di Giacomo Longo su quanto accadde a Messina ormai più di cento anni fa. Organizzazione, o meglio disorganizzazione degli aiuti governativi, solidarietà internazionale vanificata, comportamenti esemplari di pochi a fronte di una burocrazia statalista inefficiente di tradizione squisitamente piemontese, post-unitaria.

Quindi a un secolo dal sisma, ad oltre trent`anni dalla prima ristampa, che non a caso inaugurava la proficua collana di “Messina e la sua storia” fortemente voluta dall`allora giovane editore Sfameni (l`amico Nino che con pervicacia ha proseguito nella marcia faticosa per la conquista alla cultura di una comunità a volte distratta dal susseguirsi di emergenze non solo ambientali), il volume del Longo mantiene la sua freschezza, la validità nel denunciare la sempreterna incapacità di governare il nostro territorio.
Se pur datata e grondante di quella retorica che caratterizzò quell`età ormai lontana, l`incalzante narrazione del Longo sembra essere corrispondente, nell`essenza, alle cronache del nostro tempo denunciando l`impreparazione della classe dirigente e delle popolazioni colpite ad affrontare ogni tipo di disastro, di calamità, anche negli aspetti più elementari.
Se ciò poteva essere plausibile allora, risulta molto più grave oggi, a distanza di un secolo, in cui tecnologia, comunicazione e mezzi sono del tutto mutati.

Se riflettiamo poi sullo specifico della tutela, non già degli uomini, ma dei beni culturali, dei monumenti, così come denuncia il Longo nelle sue pagine, la negligenza se non l`accanimento distruttivo reiterato dall`uso della dinamite, potrebbe forse essere giustificato dall`estrema precarietà della situazione nell`immediatezza del post-terremoto.
In realtà il problema è ben più grave e permane nel tempo, sino a giungere ai nostri giorni.

Nel 1909, per la verità, vi furono uomini della pubblica amministrazione, come il professor Antonino Salinas, che spesero ogni energia nell`opera di recupero, impinguando il depositi del Museo, comportandosi in maniera che è poco dire eroica, uomini presto dimenticati laddove avrebbero meritato l`imperitura riconoscenza dei Messinesi. Ma cosa dire dei tanti monumenti risparmiati dal sisma e poi, anche in tempi recenti, distrutti come la Torre Vittoria o esclusi dalla fruizione come la Real Cittadella, il Castello Gonzaga, Castellaccio, la “Badiazza”, per citarne alcuni, cosa dire della demolizione di tanti edifici eclettici che documentavano il gusto della prima ricostruzione, come il Collegio dei Gesuiti a piazza Cairoli, il cinema- Teatro Peloro, il Savoia, il Trinacria e decine e decine di pregevoli esempi di architettura eclettica, per tutti l`ex Palazzo Frette con i suoi Telamoni.

Quindi un`indifferenza, figlia dell`ignoranza, che ha consentito di giungere al degrado in cui ci troviamo.
Sarebbe giusto iniziare un processo culturale alla ricerca della verità per indicare finalmente i responsabili di questa angosciosa situazione, responsabili illustri che appartengono a quella classe dirigente che, seguendo varie vie e partendo da lontano, ha fatto convergere la nave di Messina nel profondo gorgo dell`ignoranza, del favoritismo e della corruzione.
Di contro, fanno ben sperare le numerose presenze di giovani ricercatori, più spesso non accademici, che dimostrano concreto interesse e disinteressato amore per la storia, i monumenti e le tradizioni della nostra città.

Franz Riccobono

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